Samuela Sardo – C.D.A. Studio Di Nardo S.r.l. (cdastudiodinardo.com)
Samuela Sardo un autentico enfant prodige che ha iniziato a calcare i primi palcoscenici nei primi anni 80,
giovanissima. Prima al teatro e poi subito dopo al cinema.
“Ricordo che per avvicinare la gente non abituata ad andare a teatro, avevano organizzato degli spettacoli
teatrali, ripresi e poi mandati in televisione. Era tutto girato in uno studio televisivo. La scenografia era finta
in sostanza. C’era, ad esempio, un giardino innevato, con la neve finta, ed io, a soli cinque anni, ricordo che
nelle pause ci giocavo. Lo ricordo veramente come un gioco, anche perché, ovviamente, non avevo un
granché da fare! A mia madre, che era colei che mi ci portava sul set, veniva chiesto se ci riuscivo a stare
sul set per così tante ore … Invece io, ero così folgorata che non mi allontanavo mai dal set, neppure per
andare al bar. Non mi schiodavo dalla poltrona per paura che arrivasse il mio momento ed io non c’ero. Si
può dire che avevo già un grandissimo senso di responsabilità. Ero molto ligia! “La gabbia”, invece, mia
prima esperienza al cinema, è stata girata a Parigi. Ricordo grandi attori internazionali che io, ovviamente
all’epoca, non conoscevo. C’era, ad esempio, Tony Musante, grandissimo attore. Siamo stati una settimana
a Parigi. Avevo delle scene con un bambino, ero la figlia di Laura Troschel. Eravamo piccoli e si giocava
insieme e, finita la giornata di lavoro, sento il regista Patroni Griffi dire al suo Direttore di Produzione che
avevo finito e che non c’era più motivo di restare lì. Io ci sono rimasta malissimo, credo di aver pianto
tanto. All’epoca avevo sette anni e ricordo che il Direttore di Produzione fu costretto a chiamare Patroni
Griffi, la cui grandezza ho compreso solo anni dopo, che venne da me per scusarsi, per congedarmi dal film
in modo meno spicciolo, facendomi i complimenti, quasi come volesse consolarmi del fatto che il film era
già finito”.
E poi, come un fulmine a ciel sereno, ecco presentarsi l’occasione che la presenta al grande pubblico: Un
Posto al Sole.
“Per me è stata un’esperienza professionale e personale importantissima. Sono entrata in Un Posto al Sole
che avevo appena compiuto diciotto anni. Ero l’unica attrice non napoletana e mi sono dovuta trasferire a
Napoli, per la prima volta lontana dalla mia famiglia e dalla mia casa. Quindi è stata una prova importante
per la mia vita. A livello professionale è stata una sfida sin da subito. Ricordo le prime riunioni nelle quali
eravamo un po’ tutti sul “chi va là” poiché non potevamo minimamente immaginare il successo che poi da lì
sarebbe scaturito. In Italia non esisteva un prodotto del genere. Poi, invece, piano piano è sbocciato. È stata
la mia prima sfida. Abbiamo tutti noi avvertito la responsabilità di un progetto che stava nascendo. Era un
esperimento nuovo e quando abbiamo capito che funzionava e che funzionavamo è stato molto
gratificante. Per non parlare poi della location, Napoli, che era il contesto perfetto per delle storie semplici
e molto attuali che venivano raccontate e che creavano una notevole fidelizzazione nello spettatore. Credo
che una delle carte vincenti di Un Posto al Sole siano state proprio le tante scene esterne che venivano
girate. Ed anche per me che non ero abituata a vivere in una città di mare, quando sono dovuta andare via
da Napoli, ho dovuto tagliare un nuovo cordone ombelicale. È stata una grande esperienza ed una scuola
importante per me”.
È chiaro che nella formazione di un attore recitano ruoli importanti tantissime persone, molte delle quali
non riesci e non sai apprezzare quando le hai accanto, ma ne capisci il ruolo solo quando ormai sono
andate via.
“Vero. Anni fa quando è mancata ho scoperto che per me lei ha recitato questo ruolo. Io ho iniziato con lei.
È stata lei a farmi conoscere questo mondo. Lei era cugina di Renato Rascel, con cui per fatalità ho anche
lavorato. Mi ha sempre stimolato ed ha sempre creduto molto in me ed a volte anche più di me. Io come
carattere non sono una persona che si mette in mostra o sgomita, pur amando questo lavoro. Sono
dell’idea che se le cose devono capitare, capitano. Invece mia madre ogni qual volta vedeva che io mi
rilassavo, mi spronava, perché credeva che in questo ambiente non potevi rilassarti più di tanto. In realtà io
sono un po’ così e credo che se le cose sono troppo rigide e perdono quell’aspetto “giocoso” poi non
rendono. È il lavoro più bello del mondo e credo che questo aspetto giocoso ne sia uno degli aspetti più
importanti, che lo rendono unico, anche se fatichi tanto e ci lavori costantemente. Se lo prendi troppo
seriamente, però, perdi di vista quanto sei fortunato a svolgere un mestiere del genere”.
Cinema, Tv e Teatro. Mondi diversi, sfaccettature diverse di un unico grande carrozzone che è lo
spettacolo e fare una scelta diventa sempre più difficile. Ammesso che, in realtà, poi si possa fare.
“Non ho preferenze… basta che sia un ruolo comico. Mi manca tanto il cinema, i tempi, il lavoro che c’è
dietro. Il cinema ti dà la possibilità di lavorare insieme al regista ed agli sceneggiatori. Riesci a spaziare di
più ed a fare il personaggio più tuo. Un po’ ciò che avviene anche a teatro”.
E come spesso accade si arriva ad un punto nella vita di un attore in cui bisogna saper scegliere progetti e
nello sceglierli cercare un punto di svolta.
“Ho ricevuto diverse proposte. Una fra tutte mi stuzzica molto. Si tratta di un progetto ambientato in un
periodo storico molto delicato. Racconta di una donna che per amore della figlia si trova a dover dimenarsi
tra tante peripezie e sotterfugi. Un ruolo che mi alletta e mi intriga particolarmente e che spero vivamente
ti poter interpretare. Incrociamo le dita!”